Quando sono sceso dal treno ho scritto al mio coinquilino, che si era trasferito una settimana prima, per chiedergli dove dovessi prendere il bus per arrivare a casa. Una volta salito ho fissato lo schermo del telefono per venti minuti mentre contavo in continuazione le fermate fatte e quelle che mancavano per scendere. Mia madre continuava a chiedermi se fossi arrivato. Sono sceso dal bus trascinando la valigia senza calcolare il dislivello tra il mezzo e il suolo, la valigia ha fatto un rumore secco così forte da farmi credere di averla rotta. Dopo aver controllato che la valigia stesse bene sono andato verso casa. Secondo maps avrei dovuto camminare sette minuti ma con la valigia e lo zaino che mi rallentavano sono arrivato con un ritardo di quattro minuti. Antonio, il mio coinquilino, e miglior amico da più di dieci anni, era fuori dalla porta che mi aspettava.
-Finalmente, non sai quanto mi sono rotto il cazzo in questa settimana. Non ci hanno ancora montato la scrivania quindi non potevo nemmeno mettermi a computer o giocare alla play. Che poi dentro casa internet non funziona, i dati del telefono dico, non prende niente. Renditi conto mi tocca uscire ogni volta che voglio fare una chiamata, mandare un messaggio o guardarmi un video su YouTube. Almeno adesso ci annoiamo in due. Com’è andata il viaggio? Divertito?
-Minchia che sudata. Il treno era pienissimo… poi io non capisco se la gente non si lavi o cosa, il vagone puzzava tantissimo, che poi sicuro ho contribuito pure io nella creazione di quella fragranza, ma vabbè.
Ci siamo abbracciati.
-Ma quindi zero?
-Cosa?
-Proprio non prende niente di niente? Internet dico
-Zero, dobbiamo metterci d’accordo con le ragazze al piano di sopra per vedere se ci facciamo installare il modem.
-Merda io come faccio con la tesi?
Siamo entrati. l’appartamento l’avevamo già vista, nessuna sorpresa. Armadio, letti e cucina sono nella stessa stanza, a dividere la cucina dallo spazio dedicato ai letti c’è un isola su cui mangiare. L’unica porta presente, oltre quella dell’entrata, è in cucina e porta al bagno. Un bagno stretto, con una doccia minuscola in cui bisogna inginocchiarsi per fare lo shampoo perché la tendina è insolitamente bassa e l’acqua che cade in testa rimbalza fuori dalla doccia allagando tutto il bagno.
-Dai sistemi domani la valigia, birretta?
-Mi fai tu la tesi dopo?
-Ma come tesi che sono le diciannove e mezza che non c’è manco la scrivania, ma dove vuoi andare dai, beviti sta birra che dopo mangiamo, vai a letto presto, ti svegli presto e fai la tesi. Va bene? Che poi senza internet cosa vuoi fare?
-Non so magari potrei leggere qualche libro utile per la tesi, buttare giù idee e sottolineare?
-Eh vabbè dai sei appena arrivato, allora dopo cena ti metti a letto e leggi. Ma adesso beviti sta birra.
-Okay dai. Che bell’amico che ho, guarda io me la bevo ora la birra solo se mi prometti che mi aiuti con l’impaginazione della tesi.
-Va bene.
-Ah comunque Sebastiano arriva domani.
-Si si, easy va bene. Che sappia però che deve dormire per terra.
Lunedì, dopo un kebab devastante, siamo andati tutti e tre al cinema a vedere «Una Sterminata Domenica» con il regista in sala. Dopo aver criticato e lodato il film siamo andati a dormire, il giorno dopo sarebbero iniziate le lezioni.
Sebastiano è andato a prendere il treno, mentre io e Antonio in classe. Sembrava di essere tornati alle superiori. Una classe da ventidue persone dove quasi tutti si conoscevano perché avevano fatto la triennale assieme. Tuttavia i primi giorni non sono riuscito ad ambientarmi, e in un certo senso non l’ho voluto fare. C’era la possibilità che quelle lezioni non le avrei più frequentate e che quelle persone non le avrei più viste. Il motivo? La tesi. Se non l’avessi consegnata in tempo avrei perso il mio posto in questa magistrale. Avevo dato la garanzia che sarei riuscito a laurearmi entro la fine di dicembre.
Le prime tre settimane ho seguito le lezioni con la costante paura di dover tornare a casa dai miei genitori che avevano fatto tanti sforzi per farmi studiare in questo posto. In quelle settimane sono stato scontroso, parlavo poco e mi rinchiudevo in bagno a piangere pensando alla tesi. Ho consegnato il primo capitolo e mi è tornato indietro con mille correzioni e dopo averlo corretto mi è tornato indietro con altre cento correzioni e modifiche da fare. Effettivamente, era inconcludente, pieno di errori e poco curato.
-Ma dici che non ce la fai a finire scusa?
-Vecchio no, guarda quanti errori ho fatto. Poi devo fare anche altri due capitoli. Non so nemmeno come iniziare il secondo. Questo lavoro fa cagare, ma perché ho scelto di fare questa cosa. Bho vabbè non so che fare, al massimo cercherò un lavoro qui a Brescia come commesso o come cassiere… si ma che due coglioni, tutti ce la fanno e io sto qui come un idiota che non sa come andare avanti.
-DAAAIIII FIGAAAAA! impegnati che sicuro ce la fai.
-Eh e se poi non ce la faccio, come lo dico ai miei poi. Ma in generale, anche con quelli che erano in corso con me, con che coraggio vado alla loro laurea? Che poi tutti mi chiederanno cos’è successo e cose del genere vabbè dai non importa. Spingo finché posso.
Abbiamo chiamato Iliad per farci installare la fibra ottica ma dopo una breve ispezione ci è stato detto che non era possibile installarla. I cavi non arrivavano fino alla nostra palazzina. Ci hanno consigliato di contattare un altro operatore come Tim che avrebbe potuto risolvere il problema. Dopo questa prima visita ne sono state fissate altre tre in cui non è stato risolto nulla e il problema persisteva.
Iniziava a fare freddo. All’inizio io e Antonio lasciavamo il telefono fuori dalla porta per farci da hotspot ma non era più possibile farlo. Abbiamo provato a lavorare a computer indossando le giacche e con le coperte sulle gambe ma era invivibile.
-Non ce la faccio più, com’è possibile che nessuno è in grado di maneggiare dei cavi per metterci la fibra? Non ha senso! E Iliad ci manda da Fastweb, e Fastweb ci manda da Vodafone, e Vodafone da Tim e Tim da Iliad. Nessuno ha voglia di lavorare. Io poi dovrei fare sta tesi al freddo che non riesco nemmeno a premere la tastiera perché non mi sento le mani.
-Eh lo so, ma noi cosa ci possiamo fare? Noi stiamo davvero facendo il possibile.
-Si si, però non ci possiamo nemmeno rimettere noi per la pigrizia di altri.
Antonio, quella stessa settimana, aveva cambiato operatore dopo che aveva scoperto che il telefono della sua ragazza e quello di una sua amica avevano segnale e riuscivano a utilizzare i dati.
A poco più di due settimane dalla scadenza della consegna, ho preso la decisione di saltare le lezioni per potermi concentrare sulla tesi. Ho trovato un'aula studio in cui trascorrere l'intera giornata, dalle 8.00 alle 23.00. Non pranzavo per risparmiare tempo e reinvestirlo nel mio lavoro. Ai miei scrivevo che mangiavo bene; ad Antonio, dicevo che mi dimenticavo il pranzo a casa. In realtà, lo lasciavo di proposito. Preferivo arrivare a casa e mangiare subito per poter andare a letto il prima possibile. Avrei perso troppo tempo cucinando ogni sera.
Mancando una settimana dallo scadere della consegna, dopo aver finito di correggere il secondo capitolo, sono andato a cena fuori. Ho ordinato una pinsa alla carbonara con una Bionda media. Mentre aspettavo, non facevo altro che pensare al poco tempo che mi rimaneva e alle lezioni che stavo perdendo. Riflettevo sul fatto che i gruppi si sarebbero formati e che, quando (se) fossi tornato, avrei fatto fatica a recuperare le lezioni e ad inserirmi nei gruppo.
Uno degli ultimi pomeriggi, mentre mi trovavo in aula studio, ho scritto ad Antonio per chiedergli di comprare quattro Monster perché mi ero promesso di non dormire fino a che non avessi finito la tesi. Sabato, domenica e lunedì li ho trascorsi davanti allo schermo. Caffè, Monster, caffè, Monster, acqua, caffè, caffè, Monster, caffè, caffè ,caffè, caffè. La domenica alle 6.00 ho deciso di provare a dormire . Mi ero steso sul letto, Antonio dormiva da un pezzo, io stavo appena impostando la sveglia per le 9.00. Il mio corpo era rigido, non ero in grado di muoverlo mentre la mia testa formulava pensieri sconnessi. Mi chiedevo che ore fossero, se la sveglia fosse impostata correttamente, a che paragrafo fossi, ripetevo i nomi e le frasi scritte durante la giornata. Nel mentre mi chiedevo se stessi impazzendo e come avrei potuto concludere la tesi con la mia testa che stava bruciando.
Sveglia, sveglia, Sveglia. Alzati o non finirai la tesi in tempo. Qualcuno mi parlava, non era Antonio, lui stava ancora dormendo. Una parte della mia testa cercava di mantenere il controllo mentre l’altra si stava lentamente lacerando. Mi sono svegliato mi sono preparato un caffè e sono tornato a scrivere. Avevo male ai reni, non riuscivo a urinare correttamente. Antonio russava, io scrivevo. Alle 10.00 si era svegliato
-Allora come stiamo andiamo?!1 Sei una macchinetta! guarda qua! Ma quanto hai scritto? finita sta tesi?
-Madonna magari, ma sono a buon punto cascasse il mondo consegno in tempo non ho sacrificato la mia sanità mentale per mollare adesso. Ho sbagliato, ho sudato e ho imparato e poi con tutto la sincerità del mondo, non è manco del tutto colpa mia, avessimo avuto subito internet forse avrei finito da un pezzo e poi ho dovuto cambiare alcune cose del terzo capitolo perché il materiale che ho è illeggibile, faccio una fatica tremenda. Ho accorciato il capitolo ma comunque ho scritto tanto alla fine.
-E cosa ti manca?
-L’analisi di qualche testo, la conclusione e l’introduzione penso di farcela prima di sera.
-Va bene mandami tutto che ti impagino la tesi adesso.
-C’è qualche correzione ancora da fare.
-Mi dici mentre impagino, manda.
-Va bene.
Antonio cucinava, mi preparava i caffè, mi impaginava la tesi, leggeva materiale che gli serviva per la sua tesi, giocava con il telefono, cantava e mi teneva su il morale. Era arrivata sera e io non avevo ancora finito. Troppe correzioni da rivedere, troppo dolore ai reni, troppi pianti da soffocare e attacchi di panico da controllare. Antonio era andato a dormire e io ho preparato altri tre caffè e ho scritto tutta la notte, tutta la mattina seguente, tutto il pomeriggio e tutta la sera. Lunedì notte, due minuti prima della scadenza, ho consegnato un lavoro che non mi aveva soddisfatto a pieno ma che era finito. Io e Antonio abbiamo urlato per due lunghi minuti tra imprecazioni e versi animaleschi.
Due giorni dopo chiamai mio nonno per dargli la notizia, non l’avevo mai sentito così felice. Nei giorni seguenti ho ripreso a frequentare le lezioni, alcuni professori mi hanno chiesto il motivo delle assenze e altri già lo sapevano. Ho iniziato a legare con alcuni compagni di corso, ho conosciuto gli amici di Antonio, abbiamo rotto il nostro primo bicchiere, abbiamo cucinato i nostri primi noodles, e abbiamo visto la nostra prima serie televisiva assieme.
Due giorni fa lo staff di Los Gimmis si è laureato.
Io oggi a distanza di due mesi precisi pubblico i ringraziamenti che non ho inserito nella tesi:
Ringrazio Antonio, i miei genitori, le mie cugine, mio cugino, i miei nonni, i miei zii, la mia relatrice, Kekko, Eleonora, Francesca, Los Gimmis (Andrea, Vice, Seba, S4imon), Margherita, Elena, Genze_eventi, Erica, Ettore, Alberto, Anna, Giada, John, Paola, i miei ex colleghi cassieri, Mia, Emmanuel, Mary, Lucrezia, Rosaria, Claudio, il gruppo di Italiano scritto II e l’aula studio Umberto Eco di Brescia.
Uan
Non è un errore, lo dice con frequenza .
Sei una forza🥺❤️
JJ🤍
Sono tanto tanto fiera di te!! <3