Finita lezione, accompagno una collega a casa. Nel tragitto ci fermiamo in un negozio cinese. A lei serve un costume per la festa di Halloween.
Sta cercando una corona di fiori simile a quella che aveva Florence Pugh in Midsommar. L’assortimento non è dei più vasti, e lei si deve accontentare di una corona con dei piccoli fiori. Anche se finti, sembrano appassiti.
Già che ci sono mi metto anch’io a cercare qualcosa per Halloween tra gli scaffali. Sia mai che mi possa tornare utile. Guardo in quelli più alti, ma non trovo niente di mio gradimento. Vorrei qualcosa di abbastanza anonimo.
Dopo una prima deludente ispezione, sono costretto a fare una slav squat per cercare fortuna nei ripiani più bassi. Ho il culo che rasenta il pavimento, le gambe tremolanti e le ginocchia che chiedono aiuto. Prima che i miei arti inferiori si smontino, i miei occhi indagatori si imbattono in una pila di maschere bianche, semplici semplici. Una croce disegnata in fronte, trucco nero seghettato sulle labbra e che cola dalle cavità oculari. La protezione perfetta per chi non vuole apparire, credo, non lo so. Perlomeno è un travestimento abbastanza comune tra i maschi zeta. Quando non sai cosa metterti per Halloween, eccallà la soluzione: maschera bianca da average The Purge guy e via a mettere a ferro e fuoco le strade di Padova brandendo una mazzafrusta.
Ne sto cercando una che sia senza difetti, ma cazzo è impossibile. Una è sporca di schifo, un’altra è ammaccata, un’altra ancora ha i contorni rozzi grossolani. Mi rendo conto di star pretendendo troppo. Mi metto l’anima in pace e opto per quella coi contorni rozzolani. Sei euro.
Sono contento di trascorrere la serata a Padova coi miei amici del liceo. Raggiungo Pera nella sua sede oltre il Portello. Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, magistrale in Control Systems Engineering. Penso che anch’io avrei potuto intraprendere questa strada, se avessi continuato meccatronica.
Quel disgraziato sta ancora facendo lezione, quindi vado in aula studio per proseguire con la tesi, non dopo essermi innervosito perché vorrei avesse già finito. Lady Blue Shanghai: David Lynch x Dior. Quando l’arte incontra il consumo. Parkour.
Arrivati nel suo appartamento nuovo zecchino, il buon Pera mi concede una doccia. Ho camminato per 12,4 chilometri oggi. Mossa forzata. Ci guadagniamo tutti.
Mentre l’acqua scorre, il mio telefono sta riproducendo la puntata della Zanzara di ieri. Mentre mi passo lo shampoo tra i capelli, sento Cruciani dire qualcosa riguardo la questione palestinese. Non cose buone.
Cotto e docciato, decido di mandare un selfie a una mia amica per farle vedere il mio ultimo acquisto. Guardando la foto mi accorgo che la maschera ha gli allineamenti da macaco. Non è possibile.
Spesa fatta, tutto è pronto per la cena. Manca solo Bruno. È in ritardo perché ha deciso di mettersi a lavare la macchina proprio prima di partire. Perché ti metti a fare cose a caso nei momenti meno opportuni? Perché?
Bevuti e mangiati, direzione Portello. Non vogliamo fare pronostici su come andrà la serata, per non rimanere delusi. C’è meno gente del solito in piazza. Non è un buon inizio. Andiamo a berci una bottiglia di prosecco sui gradoni che danno sul Piovego. Prosecco DOC Extra Dry. Né extra, né dry, ma estremamente zuccherato. Sta cosa mi manda ai matti, ma poi vedo una nutria nuotare a stile libero nel fiume e mi calmo.
È arrivato il momento di sfoderare il mio acquisto di giornata. Mi metto la maschera e mi incappuccio. Attraversando il Portello mi sento invisibile, anche se sono alto otto metri e mezzo.
La gente è tutta ammassata al Divi, ovviamente. Ci andiamo solo perché se ti presenti in costume ti danno uno shot gratis. Yahoo. Uno shot alla menta. Sacrebleah. With a little help from my friend tequila, mi metto a parlare con tre ragazze, provenienti da Friuli, Toscana e Basilicata. Dalla Basilicata, assurdo. Sto facendo fatica a respirare con la maschera addosso. Sento che si sta creando una patina di condensa, la quale mi sta bagnando il naso. La conversazione non è delle più entusiasmanti. Posso essere estremamente noioso o estremamente cringe, niente mezze misure. Parlare dei soliti stereotipi regionali mi sembra troppo anche per me, ma ormai le parole hanno preso quella direzione. La mia voce scontrandosi con la maschera mi fa vibrare il viso.
Deluso e seccato, pongo fine a questa chiacchiera di circostanza. Oh Bruno, chiedi a tuo cugino se è in giro, dai dai dai.
Facciamo qualche minuto a piedi e arriviamo in questo pub chiamato Il Vizio.
Troviamo Filip che sta intrattenendo delle sue compagne di corso. Sette contro uno. Ci sediamo noi e diventa sette contro quattro. Non faccio in tempo a sedermi che mi scappa la pisciazza. Sette contro tre. Vado in bagno e c’è la fila. Aaaaaaaah. Mi metto a parlare con due ragazzi da Vancouver. Finalmente un po’ di inglese. Mi devo allenare. Non sapendo formulare determinate frasi, certe cazzate quando parlo in inglese non le dico. Sono più pulito, ma molto più lento e impacciato. Mi raggiunge Bruno. Scopriamo che i due parlano anche italiano, ma io continuo la mia palestra di inglese. Tornando al tavolo, alcune compagne di Filip se ne sono andate. Quattro contro quattro. Perfettamente bilanciato. Mi sento meglio.
Delle superstiti rimaste, tre sono italiane, non mi interessano. La terza viene dal Nevada. So you know the Las Vegas Kid, Andre Agassi. I just read his biography lately.
Gira e rigira finisco sempre per parlare delle peculiarità territoriali di regione x di persona y.
Vado al bancone e mi ordino due campari, come un mio amico una volta mi ha insegnato. Quando sono in gaina, voglio solo sfogarmi sputando più parole possibili, sparando le cazzate più grosse che mi vengono in mente. Più grosse sono e più mi sento leggero dopo averle dette. Sono consapevole di quello che dico solo un secondo dopo averlo fatto. Non bere troppo che diventi un mostro, me lo ripeto tipo ogni secondo, eppure questo campari è già il secondo1. E se continuo a bere mi trasformo in gigante Eren, il gigante colossale corazzato, il gigante collassato2.
Una numerosa compagnia di indonesiani fa il suo ingresso nel locale. Mi cadete a fagiuolo, ragazzi. Corro subito a parlare con quello che mi sembra il capobranco. È vestito come un ammazzavampiri del Settecento. All black, lungo soprabito, cappello da paesano, baffo rado e pizzetto. Non mi ricordo di preciso quello che gli ho detto, ma sono abbastanza sicuro di avergli rotto le palle.
Bruno va dalla più carina del gruppo e senza tanti fronzoli le chiede il suo numero.
I don’t remember my number, sorry.
Nel frattempo è sbucato Pera di fianco a me. Foto di gruppo. Scatta Bruno. Io indosso la maschera. Undici contro due.
Tornando al tavolo, sono spawnati quattro shottini. Filip ci ha fatto la sorpresa. Si chiama Lacrima di Giuda, ha detto. E che roba è? Nessuno lo sa, è un segreto di stato. Afferro un bicchierino e lo osservo. Un liquido trasparente è sostenuto da una densa base di sciroppo rosso. Sul fondo quella che sembrerebbe essere una mentina. Un me più lucido avrebbe intuito che tutto ciò non avrebbe fatto presagire a niente di buono, ma in quel momento mi sarei bevuto pure una tanica di blue diesel senza farmi troppe domande.
One shot. Inizio a salivare come quando il dentista di sta facendo il calco ai denti. Sento che ogni mio poro sta sprizzando saliva, la quale si sta accumulando in bocca troppo velocemente. Raggiunta la capienza massima, inizia a strabordare, allo stesso modo di quando riempio una borraccia oltre l’orlo perché sono distratto. Mi impanichizzo perché mi pare l’eccessiva salivazione che hai nel momento pre-vomito. Faccio un respiro e provo a mandare giù, ma mi va per traverso perché la gola si è chiusa e l’esofago sta andando a fuoco. Sputo fuori tutto. Delle gocce rosse finiscono sulla felpa di Pera. Anche gli occhi stanno lacrimando, ma sento che il peggio è passato. Piano piano l’acquazzone si placa e le condizioni metereologiche della mia bocca tornano alla normalità. La quiete dopo la tempesta. Medito un secondo su quello che è appena successo.
All’uscita dal pub mi metto a disquisire con un padovano doc. Essendo io vicentino e la rivalità tra Padova e Vicenza secolare, ho dovuto farmi portavoce di un’intera città, difendendola dagli attacchi ingiuriosi di sto bruto. Non volevo farlo, ma l’ho fatto lo stesso. Lo sai che il centro storico di Vicenza ha più metri quadrati patrimonio Unesco di ogni città d’Italia, coglione? Lo sai che Palladio, il goat dell’architettura, ha tappezzato la città con le sue opere eterne? E poi il blasone del Lanerossi Vicenza il Padova se lo sogna, bello: Paolo Rossi, Robby Baggio, una Coppa Italia nel ‘97, una semifinale in Coppa delle Coppe nello stesso anno contro il Chelsea, la squadra più antica del nord-est, trent’anni in serie A di cui venti fatti ininterrottamente dal ‘55 al ‘75, miglior risultato da neopromossa da quando c’è il girone unico (secondo posto dietro alla Juventus nel ‘78) e altri record inutili che potete pure checkare su Wikipedia3.
In cuor mio so di essere ipocrita, di star aizzando gli animi per allestire un freak show. Il Padova attualmente è sopra in classifica. La movida non la paragoniamo proprio che non c’è competizione. E poi abitando in provincia, Vicenza non la conosco neanche così tanto bene, e a Padova mi trovo molto meglio.
Anche se con toni accesi, il dibattito è divertente e non violento. Questo tizio è alto quasi quanto me e si difende benissimo. Siamo circondati dai suoi amici. Uno contro tutti. Bruno e Pera intanto se la ridono in disparte. Vai tigre, attacca!
Continuiamo a far polemica fino a quando arriviamo nuovamente al Portello. Il tutto finisce con un abbraccio e con un W EL FUTBOOOOOOOOOL urlato così forte che ha svegliato una gazzella in Africa che ora è incazzata perché dovrà correre più veloce del leone senza le sue consuete otto ore di sonno.
Facciamo per andare, ma mi rendo conto del misfatto. Ho perso la mia maschera. Ci mettiamo a cercarla in lungo e in largo. A posteriori non ha senso questa cosa perché penso di averla regalata al gruppo di indonesiani.
Una ragazza timidamente truccata da vampiro è l’unica anima viva passante per di lì a quell’ora. He wants to take a photo with you, le dice Bruno indicandomi. Da questo momento in poi tabula rasa. Ricordo solo la ruvidezza del suo giubbotto di pelle appoggiando la mia mano sulla sua spalla.
Tramite una ricostruzione ex-post eseguita grazie anche all’aiuto della diretta interessata, so che viene dalla Transilvania. E io cosa le dico di tutta risposta? Parlo di Dracula e di Vlad l’Impalatore. Come volevasi dimostrare. Aggiungo che l’anno scorso sono stato a Bucarest coi Los Gimmis. Los Gimmis, cazzo.
Entro in macchina. Non faccio in tempo a sbloccare il telefono che mi addormento. Il mio corpo penzolante rimane sospeso grazie alla cintura di sicurezza, la testa china verso il basso. Uber di Sfera Ebbasta a tutto volume. Non le condizioni ottimali per schiacciare un pisolo, ma io non lo so e lo faccio lo stesso.
Grazie Bruno per avermi portato a casa sano e salvo, per l’ennesima volta.
Vais
Stavo pensando a te - Fabri Fibra
HIPHOPABORTO FREESTYLE - NELLO TAVER
Potrei godere di testi se non conoscessi almeno il 50% delle references? La risposta sta nel mio cuore, a voi la vostra!
P.S. Bravo Richi.
P.P.S Occhio ai refusi ;)
vorrei poter raccontare ogni serata così ma nel 90% delle volte non ricordo niente