Tempo fa Silvia mi ha chiesto perché non avessi Instagram. Lì per lì non ho saputo risponderle, probabilmente avrò farfugliato qualche scusa campata per aria. Le avrò detto che è bello sentirsi alternativi ed essere controcorrente.
Bene, è arrivato il momento di confessarsi. Poche storie, in tutti i sensi.
Perché non uso Instagram? La risposta breve è questa: non uso Instagram perché Instagram non mi piace. Anche se la questione potrebbe finire qui, ovviamente c’è dell’altro. Sebbene non apprezzi Instagram, sarebbe approssimativo liquidare la faccenda in maniera così sbrigativa e sommaria. Infatti premetto che non sono contro Instagram in sé, semplicemente non mi piacciono alcuni suoi usi ― che è diverso. Faccio un’ultima precisazione, ossia che in questo testo mi riferirò solo agli usi personali di Instagram e non parlerò di quelli lavorativi.
Pubblico e privato
Lavoro in una pizzeria e qualche sera fa ho sentito questa conversazione tra una mia collega e l’aiuto pizzaiolo. Riporto il frammento significativo di quello scambio.
«E così oggi sei andata a sciare sulla neve?»
«Sì sì, come lo sai?»
«L’ho visto dalle tue storie Instagram».
«Ah, è vero».
È stata una conversazione normale, nulla di drammatico, però la ragazza era sorpresa che qualcun altro sapesse dov’era poche ore prima. Come poteva essere stupita se era stata lei stessa a condividere quelle storie su Instagram? Sia chiaro, è stato un dialogo innocente ma mi ha colpito. Sarà che sono riservato eppure, se andassi a sciare sulla neve, non penserei di farlo vedere agli altri. Sono consapevole che potrebbe essere un pensiero radicale, ma non mi interessa dire alle persone dove mi trovi o cosa stia facendo. Certo, ci sono gli “amici stretti”. Su Instagram le storie possono essere indirizzate anche ad un ristretto gruppo di persone, però vorrei focalizzarmi su un aspetto più sottile. I social permettono sia di creare contenuti che di usufruirne. Fare una storia è creare un contenuto, guardarla è usufruirne. Se pensavate che la tesi di prima fosse audace, adesso alzerò il tiro: non solo ho poco interesse nel comunicare alle persone dove mi trovi o cosa stia facendo, ma non voglio neanche guardare le vite degli altri.
Spettacolarizzazione
Il disinteresse nel guardare le vite degli altri non è cinismo, ma una forma di autodifesa. È un fatto mio personale. Di sicuro è un’autodifesa strampalata e piuttosto radicale, quindi faccio una considerazione preliminare. La mia vita è ordinaria, poiché è scandita da ritmi ricorrenti. Il confronto con le vite altrui per me potrebbe essere frustrante, dal momento che la potenziale discrepanza tra me e gli altri potrebbe farmi stare male. Chiaramente non tutto quello che si vede online corrisponde alla realtà, spesso sui social il confine tra verità e finzione è labile. In ogni caso le logiche di spettacolarizzazione ed esibizionismo su Instagram non fanno per me. Non le sento mie, perché non mi piace mostrarmi agli altri in questo modo. Non mi piace mostrarmi agli altri in questo modo e non mi piace vedere gli altri in questo modo.
Doppelgänger
Terzo ed ultimo punto, probabilmente quello a cui tengo di più. Un altro motivo per cui non uso Instagram è che non voglio creare un mio alter ego virtuale, una versione abbellita di me. Proseguendo con l’idea di spettacolarizzazione, paragoniamo Instagram ad un vetrina. Solitamente nelle vetrine non si mettono in mostra i vestiti bucati o quelli con le cuciture slabbrate, piuttosto si fanno vedere i “pezzi forti”. Qui c’è il punto centrale della mia riflessione: non voglio che gli altri vedano solo la parte migliore di me, perché non sono solo questo. Sono sia il giubbino nero all’ultima moda che i jeans slavati dai bordi sfilacciati. Vorrei che le persone conoscessero una versione genuina di me e non confezionata per l’apparenza. Instagram è finto e io cerco l’autenticità.
Andrea
Nota a piè di pagina: mentre scrivevo, ho realizzato che mi sono messo a nudo più qui che nel pezzo precedente. Diciamo che sono entrambi nudi, ma di diverse categorie. Momento Kant.
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molto molto bello e vero Opi!